mercoledì 27 marzo 2013

Ovunque proteggo


Il movimento a 5 stelle dice che vuole diritto di veto sulla prima opzione di tutte le cariche governative, e questo dopo la bagarre per il voto di alcuni grillini a Grasso; anni fa si faceva satira avanguardista descrivendo un’Italia in cui il capo del governo era un giullare che faceva battute volgari e inappropriate al contesto, oggi ci ritroviamo con un capo di governo Ombra che è un comico che guadagna la prima pagina delle testate internazionali grazie agli exploit volgari della sua campagna elettorale.
Oggi, apri un giornale e leggi che la madre di un ragazzo, che è stato ucciso e massacrato di botte in maniera ingiustificata da coloro che sarebbero i garanti quotidiani della legalità, esce dall’ufficio e si trova un’accozzaglia di persone che la insulta per la campagna che ha condotto affinché venisse fatta giustizia. Oggi non so più se sono io che mi alzo dal letto o è il letto che mi dà un calcio in culo perché io mi possa levare dalle scatole.
Mio nonno ha costruito un piccolo paradiso edilizio essendo orfano, ignorante ma con una gran voglia di fare e un grande rispetto per gli operai come lui che lo aiutavano nel suo intento. Mia madre ha quasi 70 anni e sta passando le giornate ad evitare che le tasse si brucino tutto quello per cui suo padre ha lavorato dopo aver speso una vita a rendersi indipendente da lui.
Franco Battiato, che scrisse La Cura, una delle canzoni più belle che una donna, che io, mi sia mai sentita dedicare, oggi va al Parlamento Europeo e definisce il nostro organico istituzionale come un’accozzaglia di troie.
Quando sono andata a Nairobi la prima volta il fenomeno della raccolta dei rifiuti come strumento di guadagno per i bambini di strada era uno dei trand principali nella ricerca sull’economia informale, oggi vivo a Barcelona e ogni martedì dopo le otto c’è la fila ai cassonetti per recuperare ogni millimetro di rame e alluminio che viene buttato. Il fenomeno è talmente esteso che stanno pensando di mettere dei controlli.
Una delle persone più importanti della mia vita oggi quando deve colpirmi mi dà della “giornalista poetessa di ‘sto cazzo”.
Inizio a pensare che ci sia qualcosa di malato ed endemico nel nostro sistema che fa sì che ci troviamo a sputare merda su ciò che noi stessi in passato ci siamo detti essere essenziale, vitale, imprescindibile.
Non voglio fare parte di questo. Non voglio che i miei figli facciano parte di questo. Vorrei che avessero ben chiaro cosa è giusto e cosa non lo è, e non solo perché glielo spiego io, ma perché vivono in un ambiente che glielo palesa quotidianamente. Vorrei che dicessero che cosa cercano e sentono e che questo cessasse di essere continuamente messo in discussione.
Io non sono niente, solo un’osservatrice esterna con un certo senso per la logica, un amico del liceo mi diceva che ero “irrimediabilmente kantiana”. Forse è per questo che smetto di scrivere su questa pagina. Non riuscirei a stare zitta di fronte a chi, e sono migliaia, pensa che un procuratore anti mafia a capo della Camera è qualcosa di inaccettabile dopo che nel silenzio la stessa carica è stata presieduta da una certa Pivetti che è stata concorrente a “Ballando con le stelle”. Non posso non inorridire di fronte alla scarsa indignazione per la protesta contro una madre che si batte perché nessun altro figlio sia ammazzato in mezzo alla strada da coloro che avrebbero dovuto riportarglielo a casa. Non accetto che una persona passi una vita a legittimare la sua posizione davanti alla figura paterna per poi ritrovarsi a sputare sangue per evitare che tutto ciò che le era stato dato le venga tolto da una cattiva amministrazione. Non tollero che dopo 15 anni di politica in mano ad un puttaniere si utilizzi il termine troie per descrivere la scarsa etica dei parlamentari proprio nel momento in cui il governo cambia. Non mi piace che qualcosa che agevola, ricicla e produce sia soggetto a controlli che non si effettuano per traffici ben più illeciti. Non sopporto che chi dice di amarti per come sei poi utilizzi ciò che tu ami per colpirti.
Seguo il consiglio del buon vecchio Vinicio, proteggo la grazia del mio cuore. Taccio. 

venerdì 8 febbraio 2013

Re-set

In carrer de bretons ci sono piccoli alberi di arance, la presenza di quei frutti nella strada dove vivrò per i prossimi mesi è qualcosa che ho voluto prendere come un segno di buon augurio, così come il negozio "Nens y nenes" all'angolo mi ha fatto pensare che era destino che prima o poi capitassi da queste parti.
Avevo 12 anni, giravo per Barcelona con il naso in su estasiata da Gaudì, dalle strade strette e puzzolenti del Gotico. Dissi a mio padre che un giorno avrei voluto vivere qui eppure non ci avrei scommesso un soldo, ma d'altronde non avrei scommesso un soldo neppure su di me in Colombia o su di me in Kenya. Forse con me è questo il trucco, tutto ciò su cui non scommetto si realizza. O forse ha ragione John, un folle inglese che ho conosciuto il giorno dopo essere arrivata. Cresciuto a Liverpool è andato a Urbino a studiare sociologia, ha iniziato a vivere in campagna. Si è trasferito in Andalusia dove ha iniziato a scrivere sul significato delle coincidenze. Innamorato di una sarda, ora vive fuori Barcelona con lei e sta finendo di scrivere il terzo libro.
Nei pressi del mercato di Gracia l'ho sentito gridare di stupore alle mie spalle, stava parlando in un miscuglio tra italiano e spagnolo con una vecchia: "encreible, de el 1920? quasi un secolo!", la signora era contentissima che qualcuno potesse essere entusiasta semplicemente per la sua età. Io ero felice del fatto che qualcuno potesse essere entusiasta dopo aver chiesto un età.
Probabilmente per poter credere nelle coincidenze bisogna essere semplici nel prendere il bene dalle cose. Notare una banale arancia o il nome di un negozio per trovare un po' di appoggio alle proprie scelte. Qui non ci sono bombe, nè sofferenza visibile ad occhio nudo. La notte non ti svegli con degli spari e se hai voglia una birra te la puoi bere. Nessuno ti guarda con occhio di gratitudine per la tua mera presenza, nè ti spinge a reagire per lui. Qui l'appoggio non lo puoi trovare nel contesto o nel lavoro, la sfida sarà questa. Crederci perchè è bello, nella sua semplicità.
Quindi questo blog cambierà un pò, saranno sempre i miei occhi, il mio filtrare le cose, ma un pò meno azione, un pò più Fantasia.

lunedì 26 novembre 2012

carta da parati


Strappo la carta da parati, mi sfogo a grattare via con unghie di lamina gli strati di una vita, gli strati dei ricordi. Tiro via i pezzi e osservo sulle pareti le immagini astratte che lasciano. Vedo il profilo di una ragazza coi capelli raccolti in uno chignon  e la lascio lì a riflettere sul tempo che passa.
Ci sono giorni che non riesco più a grattare, mi siedo sul letto, osservo i muri scrostati e interrogo lei. “Ti senti sola?” le chiedo. “A volte” mi dice. “A volte quando?”. Il silenzio lo puoi sentire che rimbalza sulle pareti ancora umide, ti sfiora la pelle, fa drizzare i peli. “A volte ho paura che certe cose non torneranno più, mi faccio prendere da tardive crisi adolescenziali, ma non è questo, questo non mi fa sentire sola, è semplicemente malinconico”. “E allora quando è che ti senti sola?”.”Quando realizzo che nessuno mi ama, quando sto male e non c’è nessuno che mi stringe…”. “E’ questo che ti fa sentire sola?”. “No quello che mi fa sentire sola è che non sono più in grado di dirlo”, “Di dire cosa?” le chiedo, “che ho bisogno di qualcuno che si prenda cura di me”.
Appoggio le mani sulle ginocchia e fisso la ragazza. Mi chiedo se sono così anche io. Statica come lei, intrappolata dalla paura di strappare tutti gli strati e di ritrovarmi nuda come questa parete. Spogliata dell’involucro, sono attraente come quando vesto tutti i veli di precauzione? Se di carta da parati se ne mettono fogli su fogli certo le crepe esistenti le si nascondono, ma che dire di quelle nuove? Le pareti sono in continuo assestamento, è un periodo di “crisi” sismiche e lì sotto, sui muri una volta lisci e color porcellana, si fanno largo delle piccole venature silenziose che ti si manifestano solo se ti prendi lo sbattimento di scrostare, di raschiare e di grattare.
Sono uscita per guardare in faccia la domenica, mi sono rivestita di strati per non essere vulnerabile al freddo. Ero in via Sant’Isaia che puntavo il giornalaio  quando davanti a me un bimbo che avrà avuto quattro anni e teneva stretto il dito del suo papà gli dice: “No papà, non voglio andare al parco oggi perché sono ferito”. Il padre continuando a camminare gli ha risposto: “E allora al parco non ci andiamo. Stiamo a casa io e te e curiamo la tua ferita”.
Ho pensato alla ragazza coi capelli raccolti e alla sua solitudine figlia dell’incapacità di chiedere le cure a qualcuno quando si sente ferita. I bambini sono così semplici ed essenziali nel vedere e sentire il mondo. Non hanno bisogno di strati, nessuno si stupisce se loro si feriscono, se chiedono aiuto. 

giovedì 15 novembre 2012

nonna


Lasciare andare le persone è la cosa più difficile di questo mondo, se poi la persona che se ne va è tua madre il processo deve essere ancora più complesso. Devi liberare dalle tue attese la persona che ti ha dato la vita.  Un figlio pensa, ma questo in generale fino alle immancabili delusioni, “cazzo sei stata in grado di darmi la vita, vuol dire che sei in grado di fare di tutto, tu sei un ente supremo”. Così è stato molto curioso osservare tre fratelli di 60 e passa anni, reagire in maniere differenti a questo momento. Ogni tanto guardavo mia nonna e immaginavo che potesse dire: “ne fora da le bale tuti”.
Già perché “tuti” in questi momenti s’improvvisano dottori, fisioterapisti, tuttologi. Mio padre è riuscito a dire “cosa vuoi che ne sappia l’infermiera”; mia zia prima dell’arrivo del dottore ha spruzzato del Dove sotto le coperte; mio zio nel tentativo di cambiarle la bombola dell’ossigeno l’ha forata con il risultato che nel corridoio di casa della nonna per venti minuti sembrava di essere in una pubblicità delle Vigorsol. Sono rientrata in stanza e le ho detto: “Se non facevamo casino non eravamo noi nonna”, so che mi avrebbe voluto strizzare l’occhio.
Il ventaglio che sventolava sul suo volto creava delle ombre in continuo movimento, la guardavo con gli occhi semi chiusi agitare la mano destra, alzarla quasi ad invocare qualcuno o qualcosa che in quel momento era davanti a lei.
Così ho iniziato a immaginare ciò che potesse vedere e sentire. Ero china su di lei, sventolavo e immaginavo le ombre lasciate dagli uccelli sulla sabbia nel loro battere incessante. Tuttavia, lei non avrebbe mai potuto vedere dei gabbiani, lei veniva dalla montagna, era la nonna che leggeva le favole con le illustrazioni ad acquarello: lei vedeva usignoli, decine di usignoli dalla pancia color ocra che svolazzavano intralciando il sole che le colpiva il volto in una camminata tra i boschi.
Mi sono avvicinata, rallentando il mio sventolare, volevo che sentisse il piacere della brezza di montagna. Siamo state un po’ insieme su quel sentiero, abbiamo calpestato le foglie gialle e arancioni, incontrato persone. L’ho seguita mentre bambina correva incontro a suo padre portandogli in dono un quadrifoglio, ho allontanato il vento quando ho sentito che lo chiamava perché volevo che lui la sentisse. Quando si agitava perché incontravamo i lupi o gli austriaci della prima guerra la trascinavo via afferrandola per la mano, le dicevo: “nonna, vieni che andiamo” e lei veniva.
Sgocciolare acqua tra le labbra livide di una persona alla quale abbiamo voluto bene, sapendo che questo non cambierà di fatto le cose, è un gesto violento celato da cura. Lo fai perché non puoi non farlo ma rappresenta la resa della vita che si ha davanti. Così mi sono immaginata che in quella siringa ci fosse una pozione speciale che assorbita dalla lingua le sarebbe servita per mantenere maggiore contatto con il mondo del bosco. Una sorta di eroina che le concedesse un perenne stato di nirvana.
Ero seduta su una sedia vicino alla finestra, eravamo sole, io leggevo le parole “incrociate”, come le chiamava lei e come ha insegnato a dire a me. Fuori il sole batteva sulle montagne sopra Trento illuminando le sfumature autunnali. Ho alzato gli occhi e le ho detto: “Non ne puoi più vero, nonna?”, e lei in un secondo ha aperto le palpebre guardando nella direzione dell’ombra che per lei probabilmente rappresentavo, so per certo che voleva dirmi “Sì, son straca”.
Se ne è andata un giorno dopo quello sguardo sfumato, tre giorni dopo il suo novantaseiesimo compleanno. Lasciarla andare per me ha significato lasciare andare la sola persona che nella mia vita ha recitato il suo ruolo dall’inizio alla fine. Doveva essere nonna e nonna è stata. Le sue frittatine e il suo spezzatino non li mangerò mai piu’ con quel sapore lì. Nessuno mi asciugherà più il moccolo con i fazzoletti di stoffa tenuti nella manica. La nonna è l’unica persona che mi ha sgridato come si sgrida un bambino. E’ l’unica donna che mi ha obbligato ad andare a messa.
I ruoli tra di noi non si sono mai invertiti: non mi sono mai dovuta preoccupare di lei, non ho mai dovuto dirle che mi sarei aspettata un altro comportamento. Se ce l’avessi davanti ora le direi questo, la ringrazierei per la semplicità del suo amore, del nostro rapporto. Le direi che una come me ne aveva bisogno, ogni tanto, di normalità.

martedì 6 novembre 2012

Ri-metto in piedi la mia vita partendo da un armadio,
l'avevano detto pieno di cose memorabili, è così.
Ci sono gli scalda-muscoli che solo tu pensi di essere alla moda se li porti,
le mutande degli uomini che hai amato e che ora sono i pigiami estivi della donna sexy, un pò maschile;
i vestiti della zia Lucia, che non vuoi dirle che erano fuori moda gia' dagli anni '80,
Passano i vestiti arriveranno le cose,
già le cose... le cose poi si accumulano,
le magliette costruiscono i palazzi della vita che tutti stretti, molto fitti, quasi a toglierti il respiro dello sguardo che a volte è dovuto, stanno lì, senza disequilibri,
scandiscono bene anni, mode, musica, ritmi.
Ma stasera vaffanculo,
che queste torri di babele fatte di piccoli momenti possano crollare su se stesse,
mischiarsi in un groove,
ENJOY THE GROOVE
DLANGO DJANGO-STORM

martedì 4 settembre 2012

penna


e' curioso, perchè adesso scrivo per la prima volta dopo 5 mesi sapendo che nessuno verrà a leggere e posso lasciare che queste lettere scivolino sotto ai tasti senza pretese.
il clic tic di un pensiero che forse è troppo semplice ed elementare per poterlo raccontare.
so che c'è un ritmo nelle parole che scrivo ed è il solo che riesco a sentire. so che vivo nel mio mondo senza ambizione, fatto di illusione, che non porta a a nulla se non la sconcertazione di chi vive nell'androne di una terra fatta di devo, se no, però, ma poi, e poi.
odio la biancheria che sa di profumato, amo l'odore che è dato dal contatto,
odio che quel detersivo si porti via tutta la magia fatta di questo ritmo che mi prende e che mi manda via.
sarà fanatico ma amo tutto ciò che è empatico, e viaggerò e nuoterò fino a che tutto questo come un insieme di nuvole diventerà compatto.


lunedì 20 agosto 2012

Se acabo´

Sono in areoporto, fra pochi minuti mi imbarco sull'aereo che mi riportera´a casa. Come mia usanza non ho dormito, ho preferito ballare fino alle sei del mattino il forro´con alcune persone conosciute nell'ostello di Pipa.
Non so che dire, e´una sensazione strana. Negli ultimi cinque mesi sono stata abituata a raccontare di me e delle cose che mi succedevano attraverso questo blog percio´preferisco dirmi che lo sto solo mettendo in stand-by, che non passera´tanto prima che io torni a scrivere di un paese, delle sue persone, della sua pólitica, della sua musica.
Corro a fumare l´ultima sigaretta, ma prima voglio provare al volo a scrivere i nomi delle persone che ho conosciuto in questo ultimo mese di viaggio, cosi´, pérche la mente e´strana e puo´darsi che l´Italia mi rincoglionisca tanto da farmeli dimenticare:
Thom
Josephine
Costantine
Luis
Carlos
Thomas
Maggy
Diego
Raphael
due ragazze austriache
Paul
Catarina
Diane
Marco
Pex
Diego
Omolo
Domenic
Julian
Valchiria
Grbriela
Matt
Yael
Miro
Yuri
Harm
Angela
Daviña
una serie interminabile di ragazzi e ragazze con cui ho ballato

sicuro che ho dimenticato qualcuno, magari i loro nomi, sicuramente non i loro volti, le loro risa, le loro voci.
http://www.youtube.com/watch?v=Hn7WsSQhu_8