Lo
scorso Marzo la Fiscalia Colombiana, più precisamente il fiscale 33
specializzato di Medellin, Humberto Villamizar, ha deciso di archiviare
l'inchiesta contro Chiquita Brand, Banadex e Banacol sostenendo che gli 1,7
millioni di dollari versati da queste imprese alle AUC (gruppi paramilitari di
autodefensas campesinas) tra il 1997 e
il 2004 vennero elargiti “all'interno di un contesto di buona fede e
confidenza, generato dal supporto statale che questo tipo di organizzazioni di
sicurezza avevano all'interno del paese”.
L'inchiesta
archiviata è la sola “sopravvissuta” delle svariate indagini aperte nel 2007
dopo che alla Fiscalia erano giunte diverse denunce sui finanziamenti delle
imprese bananere alle AUC. I suddetti finanziamenti sono stati largamente
confermati da alcune dichiarazioni di paramilitari demovilizados come Freddy Rendón Herrera,
Carlos Castaño, Salvatore Mancuso e, sopra tutti Raúl Hazbún, alias Pedro Bonito; ciò
nonostante, tali testimonianze sono state totalmente ignorate dal fiscale di
Medellin.
Inutile dire che la decisione
della Fiscalia ha riscosso uno discreto stupore in parte dell'opinione pubblica
colombiana per più di una ragione.
Un primo motivo di perplessità è
da riscontrare nel fatto che il 19 Marzo 2007 i rappresentanti di Chiquita
Brand si sono dichiarati colpevoli di “essere stati coinvolti in transizioni
con terroristi globali” davanti al Tribunale della Columbia negli Stati Uniti. In
particolare, uno degli stessi allora rappresentanti della multinazionale,
Fernando Aguirre, dichiarò che “i pagamenti effettuati (alle AUC) dalla
compagnia furono sempre motivati dalla nostra preoccupazione per la sicurezza
dei nostri impiegati”.
Il Dipartimento di Giustizia
Statunitense, in senno a quel processo, provo' che i pagamenti di Chiquita alle
organizzazioni paramilitari furono “controllati e approvati dagli alti
esecutivi della corporazione, inclusi officiali, direttori e impiegati di alto
rango” i quali, al più tardi nel settembre del 2000, furono informati del fatto
che “l'impresa effettuava versamenti alle AUC e che le AUC erano
un'organizzazione paramilitare violenta diretta da Carlos Castaño”, confermando
che l'impresa aveva intrattenuto vincoli con i gruppi paramilitari che
operavano nella regione di Urabà.
L'esito di questa inchiesta fu
una condanna per finanziamenti a gruppi terroristici internazionali e si
risolse con il patteggiamento di Chiquita Brand, la quale si rese disponibile
al pagamento di 25 milioni di dollari al Dipartimento di Giustizia degli Stati
Uniti, alla consegna di documenti interni della compagnia e all'ammissione di
colpevolezza in cambio della rinuncia al perseguimento penale dei propri
dirigenti.
La recente pubblicazione dei
documenti interni da parte dell'Archivio di Sicurezza Statunitense ha inoltre
permesso di chiarire come degli 1,7 milioni di dollari versati da Chiquita ai
paramilitari tra il 1997 e 2004, una cospicua parte fosse veicolata alla
“sicurezza attiva”, ovvero al pattugliamento e alla protezione delle
coltivazioni e dei lavoratori della compagnia. Alla luce delle dichiarazioni
del tribunale statunitense, degli stessi amministratori Chiquita e della
pubblicazione dei documenti, la motivazione dell'archiviazione adotta dal
fiscale di Medellin e relativa alla buona fede dei pagamenti alle AUC risulta
quindi quantomeno contraddittoria .
Un'altra ragione per la quale la
chiusura del caso è stata accolta con stupore da parte dell'opinione pubblica
colombiana è da individuarsi nella totale assenza di peso data alle
dichiarazioni di Raul Hazbun, alias Pedro Bonito, già condannato per
associazione a delinquere finalizzata al narcotraffico e mandante comprovato
del massacro di San Josè de Apartadò per il quale sta scontando una pena di 18
anni.
Pedro Bonito è un ex
imprenditore bananero e ex capo paramilitare del famoso Bolque di Carlos Castaño. Nel 2004, nell'ambito della
presunta demobilizzazione delle AUC, Hazbun è uscito dalle fila del gruppo
paramilitare ed ha iniziato a collaborare con la Giustizia colombiana. Durante
i numerosi interrogatori l'ex capo paramilitare ha spiegato come si sia
adoperato come anello di congiunzione tra i sindacati bananeri e i gruppi
paramilitari nella regione di Urabà sfruttando le sue conoscenze
imprenditoriali. In particolare ha chiarito il ruolo fondamentale svolto dalla
Convivir Papagayo per coprire i pagamenti degli impresari bananieri alle AUC,
consentendo di fatto di fare luce per la prima volta su quel fenomeno che i colombiani
chiamano “paraempresaismo” e inteso come il supporto economico dato da grandi
compagnie o imprenditori ai gruppi paramilitari a partire da metà degli anni
'90.
Con riferimento a Chiquita,
Pedro Bonito ha ricordato in più occasioni (da ultima la sua prima intervista
in assoluto rilasciata alla rivista Semana in seguito alla sentenza
d'archiviazione) l'incontro avvenuto nel 1997 tra Carlos Castano, Charles
Caiser, amministratore di Banadex (filiale di Chiquita Brands), Reynaldo
Escobar e Irwin Bernal, anch'essi dirigenti dell'impresa. In tale occasione
venne pattuito che l'azienda versasse ai paramilitari attraverso la Convivir 3
centesimi di dollaro per ogni cassa di banane esportata. Fu conseguentemente
all'emergere di tale accordo che è stato possibile stabilire che fino al 2004
Chiquita, tramite Bandex, ha versato alle AUC 1,7 milioni di dollari
convertendosi nel loro principale finanziatore. L'ex paramilitare dichiara che
sommando i ricavi dell'accordo con la multinazionale
alle tangenti percepite da allevatori e commercianti nella sola zona di Urabà,
il suo guadagno personale annuo era di circa 3 milioni di euro.
Banadex
non e' la sola impresa che Chiquita Brand ha utilizzato come prestanome per i
pagamenti alle Convevir. Tale fatto è di rilevanza non indifferente in quanto è
stata proprio la stessa Fiscalia colombiana che oggi dichiara l'estraneità ai
fatti della multinazionale ad accertarlo.
Dopo
la condanna del 2004, Chiquita dichiarò concluse le sue operazioni economiche
nel paese; le sue attività furono rilevate da due imprese: Invesmar S.A e
Olinsa. La prima, domiciliata in un paradiso fiscale, è a capo di un
conglomerato che ha come firma leader la ben più famosa Banacol S.A.;
quest'utlima, sempre secondo la Fiscalia, tra il 2004 e il 2007 ha versato alla
convivir Papagayo circa 3.000 milioni di $. Olinsa diversamente è un'impresa
creata ex novo nel 2005 da un'ex impiegata di confidenza di Chiquita Brand.
Appena fondata, Olinsa ricevette dalla multinazionale statunitense un
versamento di 1.152 milioni di $; curiosamente, per il suddetto prestito, venne
fissato un tasso d'interesse irrisorio al 9% e tra il 2005 e il 2008 Chiquita
fu il principale cliente di Olinsa con un apporto di 5 milioni di $.
Per
quanto il fatto che i documenti interni di Chiquita siano stati resi pubblici
solo recentemente e che la tracciabilità di alcune operazioni finanziarie sia
stata ostacolata dall'utilizzo di ulteriori prestanome o paradisi fiscali, la
Fiscalia attraverso queste indagini ha dimostrato come non si può avere
certezza del fatto che le imprese che hanno rilevato gli affari di Chiquita nel
2004 non abbiano attuato le stesse pratiche messe in atto dalla multinazionale[1]
A riprova della difficoltà a
credere nella bontà d'intenti dell'azienda è bene citare inoltre che il 7
novembre 2001 l'impresa Banadex (secondo quanto dichiarato da Pedro Bonito e
confermato da un'indagine del Segretariato Generale della OEA) ha scaricato e
immagazzinato per quattro giorni 3400 fucili AK-47 e quattro milioni di
cartucce inviate dal Nicaragua alle AUC. Tale traffico d'armi è stato
menzionato da Castano come il “migliore gol” della sua vita, e fu reso
possibile perchè la Bandex aveva creato il suo avamposto di carico-scarico
merci in una zona vicino a Turbo grazie ad una concessione terriera della
Convevir DIAN, e testimoniata da un pagamento effettuato a quest'ultima dallo
stesso Escobar presente nel 1997 all'incontro con Castano per l'accordo sui tre
centesimi a cassa.
I dati relativi alle conseguenze
dell'afflusso d'armi ai gruppi paramilitari nella regione di Uraba' sono a dir
poco sconcertanti. Tra il 1997 e il 2004, epoca in cui Chiquita e le sue
filiali finanziarono direttamente le AUC, sono morte 3.778 persone, in
maggioranza campesinos coinvolti nella coltivazione di banane e che
paradossalmente la multinazionale dichiarava di voler difendere. In quegli
anni, secondo il Programma Presidenziale dei Diritti Umani, vennero compiuti 62
massacri di civili, tra questi anche quelli tristemente più conosciuti di
Mutatà e San José de Apartado. Non da ultimo, un altro fenomeno conseguenza
delle azioni paramilitari in Antioquia è quello dei desplazados, con un
numero che si aggira attorno ai 60.000 per il periodo di riferimento e che ha
fatto balzare nel 2001 il municipio di Apartadò al primo posto in Colombia per
numero di sfollati.
Mentre
la decisione della Fiscalia veniva celebrata dalla multinazionale americana
attraverso un comunicato ufficiale nel quale dichiarava che “Chiquita ha preso
atto nei giorni passati che un fiscale colombiano ha chiuso un'inchiesta che è
durato più di quattro anni, riconoscendo varie evidenze del fatto che Chiquita
si vide forzata a cedere alle estorsioni da parte delle AUC. Questa decisione
coincide con il risultato di ulteriori inchieste avanzate da diverse autorità e
nelle quali la compagnia si è pronunciata con lo stesso principio: fu vittima
delle estorsioni di un gruppo armato illegale”, parte della stampa colombiana
ha palesato contrariamente quanto la medesima decisione sia da riscontrare come
una sconfitta per la giustizia del paese. Questo non solo perchè l'inchiesta
rappresentava l'opportunità per dare un segnale esemplare alle imprese che
hanno abusato della Colombia e sfruttato il suo territorio per finalità
economiche, ma soprattutto perchè tale azione era stata intrapresa sulla base
di crimini di lesa umanità, come i massacri effettuati dai paramilitari.
Tuttavia,
forse non tutte le strade affinché
le vittime e i loro famigliari vedano
riconosciuti e parzialmente risarciti i danni subiti sono ad oggi precluse.
Infatti mentre in Colombia la decisione della Fiscalia è stata appellata alla
Corte di Giustizia da alcune ONG e,
paradossalmente, dallo stesso Raul Hazbun, negli Stati Uniti sono attualmente in
corso due battaglie per evitare che il caso Chiquita si risolva nell'irrisoria
multa di 25 milioni di $ versati, tra le altre cose, allo Stato americano.
Come
sottolineato da Paul Wolf, avvocato per i diritti umani statunitense pioniere
di una delle due cause contro Chiquita Brand, la multinazionale avendo già
ammesso una volta la sua colpevolezza nella causa del 2004, ha lasciato aperta
la possibilità alle migliaia di vittime dei gruppi paramilitari, colpite negli
anni in cui questi risultavano in busta paga dell'azienda, per intentare delle
cause civili.
L'avvocato
Wolf, supportato dal giudice Kenneth Marra, sta cercando da 4 anni di mettere
assieme le prove per dimostrare che gli omicidi che avvennero nella regione di
Urabà per mano paramilitare costituiscono violazioni al Diritto Internazionale
Umanitario e sono di fatto catalogabili come crimini di guerra. Per riuscire in
tale impresa però, oltre alle testimonianze dirette delle vittime è necessario
dimostrare che parte degli accordi per i pagamenti alle Convevir, quando non
direttamente le transizioni monetarie, avvennero in territorio nordamericano.
In aggiunta, come precisato dal giudice Marra, la mera prova del supporto di
Chiquita alle AUC non è sufficiente: pur non dovendo arrivare a provare che la
multinazionale volesse intenzionalmente che le AUC torturassero e uccidessero i
civili, per ottenere un successo nella causa bisogna quantomeno dimostrare che
l'azienda era consapevole dei crimini messi in atto dai gruppi paramilitari
nelle zone in cui questa possedeva le piantagioni.
La seconda
causa attualmente in corso negli Stati Uniti è più mirata al risarcimento delle
vittime e dei loro famigliari. Avanzata nell'aprile del 2010 davanti ad un
giudice federale della Florida, la domanda di accusa per concorso in tortura,
lesa umanità e crimini di guerra, avanzata da 251 abitanti della regione di
Antioquia, rappresenta attualmente la più imponente azione legale intrapresa
contro la multinazionale. La richiesta di risarcimento attualmente verte sui
1000 milioni di $, cifra che potrebbe arrivare a quintuplicarsi se, come
prevede la legge statunitense, gli altri mille colombiani che hanno fatto
richiesta potessero costituirsi parte civile.
Le vittime sono
seguite da un rappresentante legale colombiano, Heli' Abel Torrado, che negli
ultimi dieci anni ha raccolto minuziosamente le testimonianze delle vittime,
fatte di descrizioni dettagliate degli abusi subiti come l'incendio di case e
proprietà, le mutilazioni, gli stupri di gruppo, le aggressioni e uccisioni con
l'acido; torture che lo stesso Torrado definisce come qualcosa al di la'
dell'immaginazione umana. L'istanza di queste vittime è seguita negli U.S da un
avvocato statunitense, Lee Wolosky, il quale ha dichiarato: “Chiquita ha già
ammesso di aver tenuto una condotta criminosa che violava la legge federale
foraggiando gruppi terroristici stranieri, tuttavia ha negato una ricompensa
economica a coloro che hanno subito le torture perpetrate da tali gruppi: su
questa contraddizione noi ci batteremo”.
Non resta
dunque che sperare che almeno nel casi portati davanti alle corti statunitensi
il corso della giustizia segua quello della logica e della coerenza;
compensando, seppure solo materialmente, le perdite subite dalla popolazione
anitioquena.
[1] Nel 2008 la Fiscalia ha
segnalato che le imprese di Invesmar S.A che hanno supportato le AUC sono: El Convite S. A., Río
Cedro S. A., Centurión S. A., Agrícola El Carmen S. A., Banagrícola S. A.,
Agrícola El Retiro S. A. y exportadora de Banano Expoban S. A.
Nessun commento:
Posta un commento