Nella regione nord occidentale di Cordoba, 30
kilometri a sud del municipio di Tierralta, può capitare d'imbattersi in una
distesa d'acqua vastissima, un lago del quale si fatica a riconoscere i confini
a che di primo acchito lascia senza fiato. Come tante altre cose al mondo, la
represa di Urra' è una di quelle realtà che dietro ad un aspetto accattivante
ed affascinante celano vicende ben piu' torbide e che possono fornire dei
tristi esempi di come la costruzione di imponenti infrastrutture può tradursi
in imbarazzanti, quanto irreparabili casi di sfruttamento delle risorse
naturali e di devastazione del territorio.
Le opere della centrale idroelettrica di Urrà
sono iniziate nel 1993 ma già dal 1949 il Governo Nazionale aveva identificato
nella conca del Sinu il luogo ideale per
poter sviluppare il progetto grazie al potenziale energetico del fiume.
Il Rio Sinu è uno di fiumi più importanti della Colombia e nasce nel Parco
Nazionale Naturale del Parmillo, considerato dall'Istituto Nazionale per le
Risorse Naturali (INDERENA) che lo creo nel 1977 un ecosistema strategico per
la regolazione climatica e il ricircolo
d'acqua dolce. Dalla sua fonte il Sinu scorre per 350 kilometri fino alla sua
foce nel mar Caribe, attraversando territori tradizionalmente abitati da
comunità campesine ed indigene, e che nei secoli è funta da rifugio per schiavi
e popolazioni perseguitate. In particolare nella conca del Sinu vivono le
comunità indigene Embera Katiò, ovvero 4256 distribuite in 24 villaggi regolamentati
da autorità locali che riflettono l'ubicazione territoriale o i nuclei
familiari allargati. Queste popolazioni praticano un'economia di sussistenza
che poco lascia ad una commercializzazione esterna.
Per costruire la represa, nel 1999 sono stati
inondati 7417 ettari di terra, tutti appartenenti al Parco Naturale e alla
Riserva Embera Katio creata curiosamente solo un anno prima dalla Corte
Costituzionale. A poco sono serviti nel corso degli anni novanta i numerosi
avvisi delle comunità indigene che denunciavano i rischi ambientali e
socio-economici ai quali l'inondazione della conca li avrebbe messi in contro:
i lavori di costruzione della represa proseguirono incessanti nonostante, e
grazie, i molteplici passaggi d'incarico e rimbalzo di responsabilità tra
autorità statali ed imprese private.
La vicenda della represa di Urra' infatti, si
è susseguita in maniera tutt'altro che regolare. Nel 1979 Interconexion
Electrica S.A assunse l'incarico per il “Progetto Idroelettrico di Urrà” salvo
cederlo nel 1982 alla Corporacion Electrica de la Costa Atlantica (CORALECA).
Nel 1985 CORALECA iniziò i preparativi per la costruzione della represa ed il
Governo Colombiano nel 1990, dopo aver dichiarato la conca del Sinu territorio
d'interesse pubblico e sociale, approvò il progetto multiproposito Urrà e
costituì la impresa URRA S.A, la quale avviò le pratiche per ottenere la
licenza ambientale da INDERENA, che
gliela concesse 3 anni dopo nel 1993.
Parallelamente all'aiuto per accelerare la
trafila burocratica per la costruzione della
centrale, il Governo Colombiano paradossalmente si mosse anche in
direzione delle comunità indigene. Attraverso la Costituzione Politica del 1991
infatti, lo stato riconobbe i diritti degli indigeni alla auto determinazione e
all'autogoverno del territorio. In aggiunta, dallo stesso anno lo stato lo stato si obbligò a consultare
preventivamente i gruppi etnici locali ogni qualvolta che le misure che
intraprese dallo stesso vanno ad influenzare direttamente le comunità. Il caso
ha voluto che questa obbligazione venisse sancita un anno dopo il consenso per
il progetto di Urrà e che durante quegli stessi anni in nessuno degli studi
effettuati per la costruzione venisse menzionata la presenza delle popolazioni
indigene e campesine in quella zona. Kimy Pernia Dorucò, leader embera katiò
ucciso nel 2007 dalle AUC per ammissione di Salvatore Mancuso (uno dei più
importanti capi paramilitari demovilizados), dichiarava a scanso di ogni dubbio
che in quegli anni gli addetti ai lavori passavano i loro territori per
fotografare l'area senza fermarsi ed interpellare la popolazione locale.
Successivamente alla mobilitazione dei leader
indigeni nel 1994 l'Organizzazione Nazionale Indigena di Colombia (ONIC)
conseguì la firma di un accordo con l'impresa URRA S.A per la seconda fase del
progetto. Tale accordo impegnava l'azienda a consultare prima di ogni
operazione le autorità indigene da lei designate e a compensare l'impatto della
centrale con il piano che venne denominato Plan de Etnodesarollo. Tra i punti dell'accordo,
delineati in maniera definitiva nel 1996, comparivano il finanziamento del Plan
fino al 2000 e il miglioramento dei trasporti ittici nella zona. Tuttavia, la
mancata efficacia della rappresentanza indigenza designata dall'azienda portò
URRA S.A ad interrompere l'accordo solo un anno dopo, nel 1997. Questa
decisione venne appellata alla Repubblica nel 1998 e la Corte Costituzionale
nel novembre dello stesso anno dichiarò irregolare il processo di ottenimento
della licenza ambientale da parte di URRA' S.A per via dell'assenza di
consultazioni con la popolazione locale. Nel medesimo contesto, la Corte
dichiarò irreversibili i danni causati alla comunità indigena e l'obbligo per
l'impresa di indennizzare la popolazione in maniera da garantire la sua
sopravvivenza nel lungo periodo.
Nonostante la sentenza della Corte, nel 1999
la conca del Sinu venne inondata e l'anno successivo la represa venne messa in
funzione. Ad oggi, passati 12 anni, è possibile affermare che la creazione
della centrale ha portato: alla salatura dell'estuario del Sinu;
all'abbassamento del livello dell'acqua del fiume; alla scomparsa di diverse
specie di pesci il cui ciclo riproduttivo dipendeva dalla loro libera risalita
del rio. L'inondazione ha significato la deforestazione di tutta l'area della
represa e l'aumento di malattie dovute all'acqua stagnante. Non di meno, i
mutamenti nell'alimentazione della popolazione locale non sono stati compensati
dalla libera fruizione di altri beni alimentari in quanto la via d'accesso alla
represa per le merci provenienti da Tierralta è il porto del Frasquillo, sotto
totale controllo militare.
Se mai esistesse una giustificazione
plausibile a tutto ciò la si potrebbe riscontrare nel motivo per il quale
questa represa è stata costruita: la produzione di energia elettrica. Eppure la
centrale di Urrà produce solo il 3% dell'energia colombiana (340 MW contro i
9800 del totale nazionale) e ironicamente indigeni e campesinos continuano a
cenare ogni sera a lume di candela.
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