Domani prendo la barca che per quattro giorni mi portera' sulla schiena del fiume piu' grande del mondo. Stamattina ho attraversato il confine per andare a prenotare il biglietto e finalmente l'ho visto: Il Rio. Sembra di essere davanti un'autostrada a 8 carreggiate marrone, e' inutile raccontare qualcosa di diverso da cio' che e' solo per fare colpo su chi legge. Questi giganti d'acqua, soprattutto nelle loro insenature vicine ai porti di snodo, sono il ricettacolo dell'inquinamento del mondo. A me non importa, ho sempre subito il fascino dei luoghi un po' decadenti e con odori strani, non so, forse perche' in qualche modo mi sembrano piu' vissuti degli altri.
La barca che mi ospitera' e' una barca cargo, stamattina alle undici gia' era piena di zucchero, di latte, di mais, di pane in cassetta. al piano superiore un ponte aperto e lasciato aperto per le amache che i viaggiatori attaccano, una vicino all'altra, e che diventano le loro cuccette nei giorni successivi. Dev'essere un'esperienza e non vedo l'ora.
Per il resto, come promesso, mi sto riadattando ad una vita normale. Lentamente faccio meno caso a che tipo di divisa hanno le centinaia di militari che come sempre mi circondano e penso di piu' alle persone civili che incontro. Nell'ostello ho fatto amicizia con un po' di persone: due fratelli tedeschi e un austriaco. Ieri sera siamo stati a bere sotto un capanna di paglia, raccontandoci un po' di storie. Thomas, l'austriaco, e' partito dopo aver terminato gli studi in medicina ed e' in giro da 2 mesi. E' stato in Ecuador, in Peru, in Bolivia, in Argentina, in Brasile... Mi dice che e' stanco di dover salutare le persone nel momento in cui ci entra un po' in confidenza e che e' contento che sua madre lo raggiunga domani a Bogota', cosi' per avere il gusto di stare con qualcuno con cui non devi traccontarti da capo. Penso che sono nella situazione opposta, che io ho appena cominciato a viaggiare e che passerei le mie ore a raccontare e farmi raccontare delle persone che incontro. Costantin, e' medico anche lui e ha fatto il tirocinio nella sezione traumatolgica dell'ospedale di Cali': dopo due mesi era letteralmente sconvolto dal numero di feriti per arma da fuoco che aveva dovuto soccorrere. Sua sorella Josephine e' una macchietta, mi ricorda Camilla, forse perche' studia design di moda o perche' esaltata mi ha mostrato una collezione di piatti di plastica trashissimi che aveva appena deciso di portarsi in Germania e che mi ricordavano il gusto anni 80 della mia amica. Sfortunatamente tutti rimangono da questa parte della frontiera ma stasera ci salutiamo a dovere: appena finito di scrivere vado a prendere la carne per fare un ragu e poi andiamo a rumbeare. La sola idea di ballare un po' mi stampa un sorriso a 150 denti.
Scrivero' una volta a Manaus, capitale dello stato federale dell'Amazzonia. Non riesco a immaginare lo shock culturale di trovarmi di colpo in una metropoli brasiliana senza sapere una parola di portoghese e dopo 4 giorni nella foresta amazzonica. Ma forse e' anche questo il bello, non sapere, non immaginare.
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