sabato 26 maggio 2012

Jungle Boogie


Non credevo che il mio corpo potesse sudare così tanto; che per sette ore di cammino sotto un sole da 35 gradi mi bastassero un litro d'acqua, due caramelline alla frutta, una barretta di cioccolato e un piccolo panino al prosciutto e formaggio. Non pensavo che sarei stata in grado di cavalcare una mula per i sentieri della selva; a dire la verità, per diversi momenti, non credevo, non ponderavo: ero sicura che non ne sarei uscita viva.
L'ultima volta che ho scritto dicevo che non potevo immaginarmi cosa significasse attraversare a piedi certe zone: confermo. Sei lì per il sentiero, che in alcuni tratti la pioggia ed il fango hanno reso invisibile, e di fatto metti un piede dietro a quell'altro in maniera automatica, stando attenta a non rimanere cementata nel pantano, chiedendoti se quella deviazione arbitraria di mezzo metro ti farà saltare in aria come coriandoli a carnevale.
Alla guerrilla, ai paracos, in quei momenti non ci pensi. Almeno io. Certo stai in guardia, ma non è la tensione che hai in un accompagnamento in città, quando sai che la persona che stai scortando può essere ammazzata da una qualsiasi delle decine che ti camminano attorno. Sei solo in mezzo alla jungla. Personalmente pensavo: “Che si fottano. Se sono piazzati da qualche parte per un'imboscata non sarà certo il mio radar e la mia faccia sconvolta dalla fatica a fermarli”.
Quando le parti di salita terminavano e cessavo di maledire il mio tabagismo, ne approfittavo per guardarmi attorno. Parliamoci chiaro: quante volte capita ad una persona della mia realtà di attraversare parti di selva colombiana a piedi? In questo sono bambina forse, ma adoro farmi lavare gli occhi e l'umore dal contesto che mi circonda; soprattutto quando questi occhi e questo umore sono incupiti perché le persone che sono con me sono il mio opposto. Non sembrano stupirsi, non hanno voglia di raccontare, di farsi raccontare.
Perciò quando la noia mi pervadeva, io mi perdevo nella natura, nell'immaginazione che risveglia e le associazioni mentali che crea. Osservavo le foglie mangiate dagli insetti, che sembravano quegli orribili centrini che le nonne si ostinano a mettere sui vassoi da caffè senza capire che i vassoi da caffè servono per rovesciare il caffè senza sentirsi in colpa; mi facevo stupire dalle liane, che porca miseria esistono davvero ma non sono marroni e lisce come nei cartoni, bensì rosacee e spugnose come quei separè anni settanta all'ingresso dei macellai, solo quattro volte più grosse. Mi stranivo nel notare la similitudine tra il frinire di alcune cicale enormi e il rumore delle segatrici nelle falegnamerie, o quello in garage a Pellizzano, quando i fratelli P. si mettevano in testa di costruire mensole e mobili immancabilmente sbagliati di misura.
Infine, quando i miei pensieri maligni diventavano troppo maligni (cosa al quanto probabile nel momento in cui sei una ciacolona e per 7 ore le due persone che sono con te non proferiscono parola e non ridono a mezza battuta), e la fantasia sembrava essere esaurita come le mie ghiandole sudorifere, immaginavo che due avocados giganti cadessero dagli alberi e  colpissero tutti in testa rincoglionendoli temporaneamente dandomi la possibilità di fare cio' per cui sono nata: cabaret.  Tipo mettermi in mutande e reggiseno, far partire la musica e parodiare il video di “Waiting for tonight” di Jennifer Lopez.
Avevo pensato tutto (di tempo ce ne era): Nando, il ragazzo colombiano che era con noi, come primo ballerino sporco di fango; guerrilla e paramilitari che subentrano al primo ritornello come corpo di ballo e che nel momento clou fanno partire qualche granata, tanto per darla in barba al laser verde del video originale*.
Ed è così che mentre mi immaginavo di essere J.Lo e mi chiedevo perchè dovevo essere io quella che nelle ultime tre ore era stata dietro alla mula petomane, siamo arrivati alla vereda.
In un istante l'idea di proporre una sceneggiatura a Ben Stiller è stata scalzata dalla realtà. La gente era riunita attorno alla cancha per  una partita di calcio. La capa si gira: “Ragazzi state in occhio. Guardate bene se e quanta gente è armata. Non sarebbe la prima volta che la guerrilla scende per la partita del sabato”.

 *Mamma se stai leggendo: tranquilla, non sto facendo utilizzo di sostanze illegali e allucinogene. Sono così di natura, d'altronde da qualcuno avrò pur preso.

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